Che cosa sono le artiterapie?

“Tutto ciò che è conosciuto o sperimentato per mezzo delle immagini
e dei successivi processi cognitivi
tende a diventare una parte dell’individuo
che lo conosce e lo sperimenta”
(Arieti)

Le artiterapie si collocano nello stesso campo di tensione delle altre terapie, quello che le differenzia è l’utilizzo dichiarato delle tecniche non verbali, che diventano mediatrici e modulatrici della relazione terapeutica.
In realtà tutte le terapie possono ritenersi non verbali, in quanto implicano l’uso della mimica, della postura, della modulazione della voce e dell’espressione del volto. Inoltre i loro contenuti si dispiegano comunque come immagini, anche se narrate, esse sono infatti drammatizzazioni di situazioni fantasmatiche inconsce, vicine al linguaggio dei sogni.

Questo flusso di materiale inconscio, trova solo successivamente con l’interpretazione e quindi con l’uso della parola, una sua simbolizzazione, ovvero una forma che contiene e che offre un controllo sull’inconscio, e che dopo ancora diviene informazione razionale.
Il punto di forza delle artiterapie è nell’offrire uno strumento di espressione che non investa immediatamente il soggetto di emozioni non gestibili, o incoffessabili, ma che, attraverso il mediatore artistico, consenta una graduale espressione di se e quindi di contenere in maniera non traumatica, ma concreta e tangibile, l’espressività più disorganizzata, dando espressione pubblica, ma accettabile, anche a contenuti angoscianti o sgradevoli. Inoltre il lavorare in gruppo consente di condividere questi contenuti, movendosi in un setting che prevede ampie interazioni informali.

L’immaginario nella psicoterapia

 

L’uso delle tecniche artistiche in psicoterapia, trova in M.Klein una anticipatrice, la Klein utilizzava il disegno come tramite nella relazione terapeutica, affermando che il gioco del bambino potesse essere il sostituto delle libere associazioni che Freud utilizzava nell’analisi dei suoi pazienti adulti.
Anche la psicoterapeuta infantile Nicole Fabre utilizza le arti figurative nella terapia analitica, creando uno spazio transizionale nel quale il bambino possa utilizzare liberamente il materiale messo a sua disposizione nel setting analitico, come pennelli, colori, plastilina, creta, per costruire le sue immagini interiori sulle quali poter raccontare la sua storia personale.

Nel suo saggio “L’immaginario in azione nella psicoterapia infantile” l’autrice racconta una psicoterapia svolta con un suo piccolo paziente, che presentava seri disturbi comportamentali e evidenti difficoltà a raccontarsi, l’uso creativo della plastilina consente il nascere di forme che diventano personaggi che agiscono in una storia, permettendo il passaggio dall’agire le emozioni, al racconto, alla narrazione: ”avevo tradotto in parole l’azione che si era svolta e le parole rendevano l’immagine…nel sostituire progressivamente le parole alle grida e nel tollerare che io traducessi le (sue) azioni in parole, Joel aveva effettuato un’ulteriore azione di distanziamento e simbolizzazione…restituivo a Joel una storia che aveva un filo conduttore, un senso, una memoria, ….. dopo un momento di silenzio mi dice – allora l’ho scritto io!…sono io questo!”1

E’ evidente la funzione di specchio che il bambino è riuscito trovare nello spazio terapeutico e l’importanza che questa funzione ha svolto nel suo divenire consapevole di sé e quindi la possibilità di lavorare su questa consapevolezza, ma l’uso della materia informe è stato il passaggio cruciale per far si che le emozioni manifestate in maniera disorganizzata e caotica all’inizio della terapia, diventassero ordinate in un racconto, il racconto della vita di Joel.

A differenza della Klein, che utilizzava i disegni dei bambini per interpretarli, l’autrice, vicina al pensiero di Winnicott, utilizza lo spazio creativo per permettere alla storia personale del paziente di emergere e di prendere forma posticipando l’interpretazione alla fine della terapia, ancora una volta “la via è la meta”, il fine non è l’interpretazione2, ma il dispiegarsi narrativo della storia del paziente.

1 Fabre N. L’immaginario in azione nella psicoterapia infantile Ed. Magi 2004 pag.99
2 Winnicott afferma che nelle consultazioni terapeutiche, il momento significativo è quello in cui il bambino sorprende se stesso, non è il momento dell’interpretazione. L’interpretazione data fuori dalla compiutezza del materiale, produce compiacenza , solo se vi è un gioco spontaneo e non compiacente, l’interpretazione può far progredire il lavoro terapeutico.

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