“La pittura è un’arte, e l’arte non è inutile creazione di cose che svaniscono nel vuoto, ma è una forza che ha un fine, e deve servire allo sviluppo e l’affinamento dell’anima”1
(Kandinsky)
Per Kandinsky la pittura si trova oggi in condizione di emancipazione dalla dipendenza diretta dell’uomo dalla natura. L’uso di forme e colori devono essere messe al servizio delle energie interiori, bisogna costruire su basi puramente spirituali, nella prospettiva di un’arte nuova che rappresenti una nuova era dello spirito.
Egli afferma che la pittura ha affinità con le altre arti , come la musica, la composizione pittorica è fatta di forma e colore, mentre la prima delimita uno spazio, il colore può espandersi all’infinito e la forma lo contiene. “Le combinazioni di forme e colori compongono un’armonia che è fondata sull’efficace contatto con l’anima”2
Nel quadro, i vari oggetti sono subordinati a una grande forma e si modificano per adattarsi ad essa, la composizione dipende dal variare dei rapporti tra le forme e dal variare anche minimo delle forme.
Kandinsky descrive l’alternarsi dei colori, come se fossero note musicali di una melodia dove si alternano, caldo/chiaro, caldo/scuro, il colore diventa movimento, il giallo si muove verso lo spettatore (centrifugo) mentre il blu si muove verso l’esterno (centripeto), il nero e il bianco sono immobili, il primo come resistenza continua, il secondo come mancanza assoluta di resistenza (morte).
L’uso consapevole dei colori, può favorire una più efficace espressione delle emozioni, mentre la composizione delle forme può esprimere l’integrazione delle diverse componenti della personalità.
Il disegno non va visto nel tentativo di interpretare simboli, ma come rappresentazione della personalità nella sua globalità, come narrazione del vissuto interiore della persona, che come tale ha una sua evoluzione nel tempo, una sua storia che si rivela solo esaminando a posteriori le diverse opere eseguite in un certo lasso di tempo, ogni opera ha un senso solo se inserita nel flusso continuo della vita di chi la realizza.
Nel suo bellissimo libro “Noi siamo un colloquio”, Eugenio Borgna affronta , le molteplici possibilità espressive che si possono manifestare nella relazione terapeutica, egli dice:”nel dipingere e nel disegnare rinascono (riemergono) risorse interiori che non riescono ad esprimersi nel linguaggio della parola e che hanno bisogno, invece, per fare questo, del linguaggio dei segni…Questi modi espressivi di essere hanno una radicale significazione non solo diagnostica e clinica, ma soprattutto terapeutica e riabilitativa”.3
La persona che crea, nel rivedere il lavoro svolto, acquisisce una percezione del sé che sorprende ed emoziona, come un guardarsi allo specchio per la prima volta, ciò che è dentro, viene fuori nell’opera, per poi tornare dentro come percezione, in un movimento che si traduce in espansione della propria consapevolezza.
Sul valore e sui significati delle espressioni plastiche e figurative, ha scritto cose molto belle Gaetano Benedetti:”Sono convinto che i disegni e le pitture che nascono nel corso della psicoterapia meritano spesso, in relativa indipendenza dal loro livello formale, da valutarsi sul piano cognitivo, la definizione di ‘arte’ …perché tale figurazione parla a noi psicoterapeuti allo stesso modo in cui le opere d’arte autentiche parlano a tutti gli uomini”.4
1 Kandinsky W. Lo spirituale nell’arte Ed. Bompiani 1998 pag.88
2 Op. cit. pag.pag.49
3 Borgna E. Noi siamo un colloquio Feltrinelli 2000 pag.194
4 Benedetti G. La psicoterapia come sfida esistenziale Cortina 1997
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