I bisogni narcisistici del bambino

Alla maggior parte degli individui sensibili rimane profondamente celato il loro vero Sé. Come si può amare qualcosa che non si conosce e che mai è stato amato?

Alice Miller

Per sviluppare un sano sentimento del sé, il bambino dovrebbe essere accettato :

  • Quando manifesta la sua aggressività senza che questa faccia venire meno l’autostima della madre/padre;
  • Quando i suoi tentativi di autonomia non facciano sentire minacciata la madre/padre;
  • Quando ha potuto esprimere tutte le sue emozioni, anche negative, senza essere stato giudicato sbagliato, e nemmeno essere idealizzato come figlio perfetto;
  • Quando non è stato obbligato a piacere a nessuno ed ha potuto sviluppare ed esprimere quanto si agitava in lui, in ogni fase del suo sviluppo;
  • Quando ha potuto “usare”, nel senso di Winnicott , i genitori, perchè essi erano indipendenti da lui;
  • Quando gli è stato consentito di manifestare sentimenti ambivalenti e non è stato obbligato a scindere l’oggetto buono da quello cattivo;
  • Quando è stato amato come essere separato (non amore fusionale);
  • Quando i bisogni narcisistici del bambino, pur ammettendo la frustrazione appropriata alla fase, non traumatica, hanno potuto essere integrati e non è stato necessario rimuoverli o scinderli;
  • Quando l’integrazione ha consentito che tali bisogni subissero una trasformazione e che si costituisse una matrice regolatrice delle pulsioni sulla base delle proprie esperienze di prova ed errore.

Da A.Miller, il dramma del bambino dotato Ed.Bollati Boringieri (1990)pag.49

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Melanie Klein

donnalupill lavoro della Klein parte da quello di Freud e di Abraham e si svolge soprattutto attraverso le sue esperienze cliniche con pazienti bambini, con i quali era difficile stabilire il rapporto dialettico tipico della psicoanalisi freudiana che usa le libere associazioni. La Klein ebbe la geniale idea di utilizzare il gioco spontaneo del bambino, dalla cui osservazione, scaturivano tutte le sue deduzioni. La Klein non era d’accordo con Freud nel ritenere che i bambini non possano sviluppare la translazione nel rapporto analitico, ella pose la sua attenzione sull’oggetto con il quale il neonato stabilisce le sue prime relazioni, il seno materno, spostando in questo modo l’attenzione dalla teoria degli stadi di sviluppo libidico di Freud, alla teoria dello sviluppo delle relazioni oggettuali, sia con oggetti reali che di fantasia, chiamati oggetti interni.

La formazione del super-io è molto più precoce di quanto ritenuto da Freud, è parte integrante del complesso edipico e compare nella seconda metà dello stadio orale, in relazione con la cosiddetta fase depressiva.

Col complesso edipico primitivo del bambino, la klein ha svelato un mondo di fantasia e angoscia legate al corpo della madre, oggetto di desiderio ma anche di invidia, odio e paura.

A differenza di Freud, che riteneva la nevrosi infantile conseguenza della paura di evirazione, l’angoscia profonda di cui parla la Klein è connessa alle fasi orale e anale dello sviluppo e alla relazione con il corpo materno, oggetto di impulsi sadici, per controllare i quali, il bambino sviluppa fobie e ossessioni.

L’angoscia è conseguenza della pulsione di morte, gia presente nel neonato, sotto forma di aggressività che si manifesta come angoscia persecutoria, tipica della posizione schizo-paranoide e l’angoscia depressiva, propria della posizione depressiva, nel primo caso l’oggetto si trasforma in oggetto cattivo, nel secondo caso, l’oggetto rimane buono ma la paura riguarda il perdere l’oggetto buono, anziché l’essere aggrediti da quello cattivo.

Il concetto di fantasia inconscia per la Klein è espressione psichica delle pulsioni, che si realizza nel simbolismo, inteso come anello di congiunzione tra fantasia e realtà. La Isaac commenta il pensiero della Klein affermando che alla nascita esiste un io sufficiente a stabilire rudimentali relazioni oggettuali e a servirsi di meccanismi psichici primitivi come l’introiezione e la scissione, a differenza di Freud che vede la fantasia inconscia come espressione dell’Es, per la Klein è un’elaborazione dell’io dei moti pulsionali, difese e relazioni oggettuali.

La posizione depressiva, consiste nel riuscire ad insediare nel nucleo dell’io un oggetto interno sufficientemente buono e saldo, è caratterizzata dalla paura di perdere l’oggetto buono e dal senso di colpa, uniti al desiderio di riparare e ricostruire i genitori come oggetti interi e non più frammentati in oggetti parziali.

La posizione schizo-paranoide, presente dalla primissima relazione col seno materno, che precede quella depressiva, è caratterizzata dalla scissione, relazione con oggetti parziali e angoscia persecutoria, mentre nella posizione depressiva incomincia a verificarsi l’integrazione.

All’inizio della vita, si scatena una lotta tra pulsione di vita e pulsione di morte, scissione, proiezione e introiezione, sono i primi meccanismi di difesa. Sotto la pressione della pulsione di vita, l’io scinde e proietta la pulsione di morte verso l’esterno, contemporaneamente la pulsione di vita è in parte proiettata in modo da formare un oggetto ideale. Dal caos emerge un’organizzazione primitiva dove l’io si scinde in parte libidica e parte distruttiva. Quest’ultima è frammentata in tanti persecutori sadici che provocano forte angoscia e ulteriore scissione.

Nell’identificazione proiettiva, il bambino non proietta solo gli impulsi nell’oggetto ma anche parte di se, la proiezione di impulsi cattivi crea oggetti persecutori, mentre la proiezione di parti di se produce idealizzazione dell’oggetto e svalutazione del se. Il timore della disintegrazione totale è alla base dei disturbi schizofrenici e schizoidi.

Il passaggio dalla posizione schizo-paranoide alla posizione depressiva, fa la differenza tra modi di funzionamento psicotici e quelli sani, persecuzione e idealizzazione lasciano il posto ad una discriminazione realistica e a relazioni oggettuali di cui si riconoscono l’interdipendenza e l’ambivalenza. Ciò avviene perché l’io e l’oggetto, nella posizione depressiva, si integrano, riducendo così gli oggetti persecutori, la distorsione della percezione, dovuta alle proiezioni, diminuisce, e si sviluppa il senso di realtà.

Scopo dell’analisi è ridurre l’angoscia interpretando contemporaneamente angoscia e difese, conducendo l’analisi nel contesto della traslazione e interpretando il livello nel quale l’angoscia è attiva nel paziente, che proietta sull’analista oggetti che possono essere scissi, frammentati, idealizzati o distruttivi e anche parti del Se.

L’abilità dell’analista sta nel contenere tutte queste parti proiettate e le interpretazioni che le collegano, per permettere al paziente di rimettere insieme ciò che era frammentato a integrare ciò che era scisso e riprendere dentro se le parti del Se che erano state attribuite agli oggetti.

Le remote relazioni oggettuali che sono diventate la struttura del mondo interno, sono rivissute nella traslazione, e nell’essere rivissute esse evolvono. E’ questa evoluzione attraverso la traslazione, ciò che costituisce la parte dinamica del rapporto terapeutico.

Dott.ssa Chiara Miranda

Psicologa-Psicoterapeuta

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Fonte: Segal, “Melanie Klein”Boringieri editore