Il processo creativo

La psicanalisi non è riuscita a spiegare la creatività, perdendo di vista l’argomento principale, cioè l’impulso creativo in se stesso. Freud ha affrontato il problema della creatività, ponendola in relazione con la nevrosi, egli ritiene che entrambe abbiano origine da conflitti che derivano da pulsioni biologiche fondamentali, ovvero che rappresentino tentativi di risolvere profondi conflitti.

Il suo concetto di sublimazione, infatti, indica la deviazione dell’energia sessuale verso altre mete, come quelle creative, pertanto la persona creativa, sarebbe per Freud un individuo frustrato.
 
Egli si sofferma a descrivere il processo primario come funzionamento della psiche nella sua parte inconscia, distinguendolo dal processo secondario che è quello del funzionamento della mente cosciente. I meccanismi del processo primario sono tipici nelle psicosi e inoltre riguardano anche il processo creativo combinate con i meccanismi del processo secondario.
 
Arieti propone il concetto di “processo terziario”,  per indicare questa particolare combinazione di meccanismi tra processo primario e secondario:
“Il processo terziario, con forme e meccanismi specifici, amalgama i due mondi della mente e della materia, e, in molti casi, il razionale con l’irrazionale. Invece di rifiutare ciò che è primitivo…la mente creativa lo integra con i processi logici normali in ciò che sembra una sintesi magica dalla quale emerge il nuovo, l’inaspettato e l’auspicabile”.
 
(Arieti S. Creatività, la sintesi magica Ed. Il pensiero scientifico 1979)
 
 
Una applicazione del tipo di analisi descritta si può fare prendendo spunto dalle opere di S.Dalì, l’artista ha infatti una grande facilità ad entrare in contatto con il suo processo primario (contenuti inconsci) ma egli conserva anche un forte contatto con il suo processo secondario che è in grado di controllare quello primario, dando una dimensione di estrema realtà e precisione ad un contenuto caotico e informe, dove realtà e assurdità si fondono per dare luogo alla creazione artistica che alla fine è sintesi dei due processi descritti.
 
Molti autori hanno cercato di definire la creatività, ma le difficoltà maggiori sono forse dovute ai diversi significati che vengono attribuiti al concetto di “persona creativa” ritengo questo concetto molto affine all’idea delle persone che realizzano se stesse, ovvero come capacità di espansione delle proprie potenzialità e che rientra nella descrizione della teoria di Maslow della “gerarchia dei bisogni” , che va dal bisogno di nutrizione alla piena attuazione delle potenzialità e delle libertà di sperimentarsi, inoltre sono d’accordo con la definizione di Barron che afferma:
 
L’intelletto creativo è quello che è pronto ad abbandonare le classificazioni conosciute dal passato e ad accettare nella sua forma più completa la proposizione che la vita ..…è colma di possibilità sconosciute e può essere il veicolo per trasformazioni senza precedenti”.
 
Chiara Miranda
 
 
 

Il ciclo di contatto secondo la teoria di F. Perls

Il contatto è un processo che da adito all’assimilazione e quindi alla crescita, esso consiste nel lento costituirsi di una figura prevalente su uno sfondo, o contesto, del campo organismo/ambiente” (Perls)

Ogni esperienza si verifica nel confine tra organismo e ambiente, per la psicologia della Gestalt non ha senso studiare un organismo come entità a se stante, ovvero estrapolarlo dal suo contesto, ogni organismo, e in particolare l’uomo, appartiene ad un campo dove fattori socio-culturali, animali e fisici si trovano ad interagire tra loro.

Il fine del contatto è la sopravvivenza stessa dell’organismo, azioni elementari come nutrirsi, difendersi, appartengono al contatto, si capisce quindi, la fondamentale importanza di questo processo, attraverso il quale l’organismo può assimilare elementi utili alla propria crescita dall’ambiente e rifiutare quelli non assimilabili, secondo la propria gerarchia dei bisogni (Maslow).

Si può definire il contatto un’adattamento creativo dell’organismo col suo ambiente, perchè nell’adattarsi l’organismo elabora nuove modalità di soluzione per soddisfare i propri bisogni, esso deve essere consapevole, intenzionale, e deve manifestare un’azione adeguata allo scopo. Nel momento in cui un bisogno si fa sentire, emerge dallo sfondo O/A e diventa una figura dominante, rimanendo tale fino al soddisfacimento di quel bisogno. Si definisce dominanza la tendenza di un bisogno a perdurare nel campo, organizzando di conseguenza la coscienza e il comportamento, ogni situazione incompiuta più pressante diventa dominante e mobilita tutte le energie necessarie a completarla. Per realizzare un contatto adeguato è necessario essere consapevoli del flusso continuo dell’esperienza interna, è nel confine di contatto che si sviluppano le difese nevrotiche.

La nevrosi va vista come un tentativo di autoregolazione dell’organismo, ma nel processo vi è un eccesso di intenzionalità, un fissarsi dell’attenzione per una risposta particolare, ciò impedisce ad alcuni impulsi di venire in primo piano, l’energia resta bloccata all’esecuzione di un compito arcaico che non può essere completato.

Polster distingue il confine di contatto che rappresenta l’intersoggettività, dal confine dell’io, definito come “confine dell’esperienza permessa all’interno del proprio sé”, esso comprende il confine del corpo, del valore, dell’intimità e dell’espressività. Si definisce il Sé come il confine di contatto in funzione, non come parte dell’organismo, ma come funzione integrata del campo in cui opera l’organismo. In particolare il concetto di Sé gestaltico comprende tre funzioni: Es, Io e Personalità:

  • L’ES rappresenta le funzioni interne, funzioni vitali e in particolare la loro traduzione corporea (Ho fame, Ho sonno);

  • L’IO è una funzione attiva di scelta o di rifiuto. Si tratta della mia responsabilità personale di aumentare o limitare il contatto, di manipolare il mio ambiente in base ad una presa di “coscienza” dei miei bisogni;

  • La funzione PERSONALITA’ è la rappresentazione che il soggetto fa di se stesso, la sua immagine di sé che gli consente di riconoscersi come responsabile di ciò che egli sente o che fa;

La psicologia della Gestalt analizza il contatto tra organismo e ambiente, in particolare i modi in cui, nel qui ed ora di un episodio di contatto, l’organismo crea, mantiene e termina il suo contatto con l’ambiente e quindi chiude una Gestalt, in una sequenza continua di sfondi e figure, ogni sfondo si svuota e presta la sua energia alla figura che si sta formando, la quale a sua volta diventa sfondo per una nuova figura, si sviluppa così il ciclo di contatto.

Le fasi del ciclo di contatto sono:

  1. Pre-contatto;

  2. Contatto;

  3. Contatto finale;

  4. Post-contatto;

Nel Pre-contatto, l’ambiente è fuori dal campo percettivo, (funziona l’attività Es del Sé) organismo e ambiente sono equivalenti, comincia ad emergere il bisogno.

Nel Contatto l’ambiente entra nel campo percettivo (funzione Io del Sé), il bisogno diventa lo sfondo, e l’oggetto esterno diventa la figura. In questo caso il corpo diminuisce, oppure nel caso del dolore diventa la figura. C’è un’emozione, seguita dalla scelta o dal rifiuto della possibilità, si potrebbe manifestare un’aggressività nell’avvicinare o superare gli ostacoli e subito dopo l’orientamento e la manipolazione deliberati.

Si distinguono 3 ulteriori sottofasi:

  • l’orientamento (vedo il bisogno e vado verso);

  • la manipolazione (tensione verso il contatto);

  • il contatto o la retroflesione (aumenta la tensione e si è pronti per il contatto, oppure ci si ritira dal contatto);

Nel contatto finale c’è l’interazione tra organismo e ambiente (perdono i loro confini sperimentando il noi) di sana confluenza, nel qui ed ora coesistono la percezione, l’emozione e il movimento (funzione Io del Sé). Emerge la figura che è in contatto, l’intenzionalità è rilassata. La consapevolezza è al suo stato più luminoso nella figura del Tu. Per giungere a questo risultato sono necessarie alcune condizioni: Il sé si è identificato con un elemento che attiva lo sfondo e ha alienato tutto il resto; Esso si è rivolto alla realtà ambientale e l’ha cambiata; Ha accettato le situazioni incompiute dell’organismo; Durante il processo, il Sé non è stato ne’ solo attivo (proiezione), ne’ solo passivo (introiezione), ma intermedio ai fini della soluzione. Il contatto finale viene paragonato all’insight, dove vengono meno le funzioni dell’io, l’esperienza è assolutamente intrinseca, l’individuo non agisce su di essa, la spontaneità è il segnale più evidente e si diventa consapevoli dell’unità, ovvero il Sé giunge a sentire se stesso.

Nel post-contatto l’organismo ha raggiunto il suo scopo e c’è un ritiro del contatto accompagnato dall’assimilazione della novità e dalla crescita dell’organismo, che si manifesta con l’aumento dei confini dell’Io (funzione personalità del Sé), questo processo è inconsapevole.

Il contatto è una trasformazione creativa, in quanto permette attraverso la manipolazione efficiente ed adeguata dell’ambiente, di distruggere o assimilare parti della realtà, per renderle parti del Sé, questo avviene anche durante la terapia, quando il paziente distoglie la sua aggressività da se stesso, e la rivolge contro i suoi introietti per assimilarli o rigurgitarli. Anche l’artista, in quanto individuo creativo, dopo l’intuizione, deve manipolare per creare, l’azione, quindi è un elemento indispensabile per compiere un adeguato contatto.

L’eccitazione persiste e aumenta durante tutta la sequenza dell’adattamento creativo, ed è più forte al momento del contatto finale, ma immaginiamo che la sequenza venga interrotta, quando l’eccitazione viene interrotta, il respiro che era diventato più forte, viene bloccato, e può manifestarsi l’angoscia, ma se l’interruzione si manifesta per affrontare un pericolo improvviso, può assumere la forma del vero panico.

Le conseguenze posono essere quelle di diventare più prudenti per quanto riguarda il bisogno che aveva fatto cominciare il ciclo, e di controllarlo distogliendo l’attenzione, distraendo l’interesse con altre cose, trattenendo il fiato serrando i denti, contraendo i muscoli addominali. Questo è un tentativo di svolgere un adattamento creativo, operando sul corpo (che diventa figura) invece che sull’ambiente.

Perls definisce il Sé come l’acqua, il Sé non ha forma, esso assume la forma del recipiente, ma nel caso in cui si fossero verificate molte interruzioni di contatto, il Sé resterebbe bloccato da ostacoli e non potrebbe scorrere liberamente.

Chiara Miranda

Psicoterapeuta Gestalt Analitica

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Bibliografia:

Perls-Hefferline-Godmann :”Teoria e  pratica nella terapia della gestalt“; Astrolabio Ed.

Perls F. :”L’Io, la fame,  l’aggressività“; Franco Angeli Ed.

Spagnuolo Lobb – Amendt Lyon: “Il permesso di creare“,  Franco Angeli Ed. ( il cap. 7, parte 2°, “Contatto e  creatività”)