Come sarebbe andata se…

Uno dei cardini dell’analisi è che i pazienti, con disturbi narcisistici arrivino a una comprensione emotiva del fatto che tutto l’amore che essi si erano conquistati con tanta fatica, a prezzo dell’auto rinuncia, non riguardava affatto l’individuo che essi erano in realtà: l’ammirazione per la loro bellezza e le loro prestazioni era rivolta alla bellezza e le prestazioni di per se e non al bambino reale, dietro la buona prestazione si riaffaccia nell’analisi il bambino – piccolo e solo – che si chiede: “Come sarebbe andata se di fronte a voi ci fosse stato un bambino cattivo, rabbioso, brutto, geloso, pigro, sporco e puzzolente? Dove sarebbe finito, in tal caso, tutto il vostro amore? Eppure io ero ANCHE tutto ciò.

A.Miller “Il dramma del bambino dotato” Bollati Boringhieri – 1993 pag 29.

L’esperienza incarnata

“Non di rado il corpo reagisce ammalandosi quando le sue funzioni vitali sono costantemente denegate. Tra esse vi è anche la fedeltà alla nostra vera storia”.

Alice Miller

Quando eravamo bambini, per essere amati come figli, siamo stati disposti a fare delle rinunce a volte anche dolorose, siccome la nostra vita dipendeva dagli adulti che si prendevano cura di noi, non avevamo scelta.

Ora che siamo adulti, per essere accettati dall’ambiente in cui viviamo, continuiamo a mettere in atto quelle stesse modalità, quelle stesse rinunce, ma oramai non ne siamo più consapevoli, abbiamo dimenticato.

Abbiamo dimenticato la delusione, nel constatare che i nostri genitori non erano così perfetti, abbiamo dimenticato la rabbia provata quando i nostri veri bisogni sono stati spesso ignorati e sostituiti da altri bisogni in nome dell’educazione, la dissonanza cognitiva ci ha permesso di adattare il nostro pensiero negando le emozioni che provavamo, la scissione che nasce da queste esperienze ci accompagna anche da adulti.

Ma il nostro corpo non dimentica, tensioni muscolari, amnesie, depressione, attacchi di panico, sono solo alcuni dei sintomi che ci invia, in attesa di essere ascoltato. A volte può farci capire se la strada che abbiamo intrapreso è davvero quella giusta per noi.

Il fallimento di moltissime terapie, si spiega con il fatto che in molti casi gli stessi terapeuti non si sono mai liberati del cappio della morale tradizionale, predicando spesso il perdono come strumento di guarigione.

Ma la strada che porta all’età adulta non coincide con la tolleranza nei confronti delle crudeltà subite, bensì nel riconoscimento della propria verità, nell’attenzione empatica per il proprio bambino maltrattato.

Nel suo libro “La rivolta del corpo” Alice Miller racconta l’esperienza di una donna che durante una lunga psicoanalisi accusava dolori alle gambe che i medici non riuscivano ad imputare ad alcun motivo1.

Il suo analista, non credeva che i suoi ricordi di un abuso, subito da bambina da parte del padre, fossero reali.

Quando decise di interrompere l’analisi i dolori sparirono all’improvviso, il suo corpo le stava dicendo “qui non vai da nessuna parte!”

Il corpo è custode della nostra verità, poiché porta dentro di sé l’esperienza di tutta la nostra vita, potremo definirlo come “l’esperienza incarnata” che ci costringe attraverso i sintomi a interrogarci, a chiederci cosa non va.

Ma come fare a tradurre i nostri sintomi in messaggi comprensibili, cosa vuole il corpo da noi?

Spesso il linguaggio del corpo è simbolico come quello dei sogni, ci parla una lingua apparentemente incomprensibile, almeno fino a quando non decidiamo di aprire quella porta, di farci accompagnare attraverso quel passaggio che conduce verso la nostra parte più autentica e misteriosa.

Alice Miller parla spesso del “testimone consapevole”, può esserci nella nostra vita una maestra, un amico, una persona che ci guarda e ci vede per quelli che siamo, ci ascolta senza giudicarci e ci permette di “esistere” almeno nel tempo di quella relazione.

A volte invece dobbiamo essere noi ad attivarci nel cercare quel testimone, in questi casi un buon psicoterapeuta svolge la funzione di testimone consapevole e spesso può salvarci la vita.

1A.Miller “La rivolta del corpo” Raffaello Cortina Editore pag.63

La costruzione del dittatore e le origini del male.

“Se Hitler avesse avuto cinque figli sui quali vendicare i tormenti e le ipocrisie subite nell’infanzia, probabilmente il popolo ebraico non sarebbe stato vittima dei suoi crimini”.

A.Miller

Che il neonato nasca innocente, è un assunto che ha caratterizzato gli studi e le ricerche dell’intera esistenza di Alice Miller, un neonato non avverte alcuna spinta a distruggere la vita, vuole solo essere accudito e amato. Il bambino cresciuto nell’amore e nella considerazione non è motivato a fare la guerra, il male non è necessariamente parte della natura umana.

Per dimostrare la sua teoria, la Miller ha analizzato decine di biografie di personaggi famosi, tra cui quella di Adolf Hitler. Nel suo libro “La persecuzione del bambino” ne ha descritto la travagliata infanzia, la rigida severità del padre e le violenze alle quali egli era sottomesso. L’annullamento della sua personalità ed il senso di impotenza che doveva essere la costante emotiva di questo bambino.

La struttura familiare di Hitler era simile a quella di un regime totalitario in cui non esiste possibilità di appello, l’arbitrio del padre e il suo potere costituivano l’unica istanza giuridica per il bambino: non aveva alternativa.

Quando successivamente nel Terzo Reich egli ebbe il potere assoluto, non vi furono più considerazioni umane, ne’ sentimenti che potessero limitare le sue crudeltà.

Ma non tutti i bambini che hanno subito violenza si trasformano in dittatori.

Nella vita di alcuni, c’è un testimone soccorrevole, qualcuno che gli riconosca l’ingiustizia subita, che gli riconosca una dignità, una vicinanza preziosa che, pur non salvandolo dalle violenze, gli esprima umanità e amore, qualcuno insomma che gli dica “quello che ti accade, non è colpa tua!”.

Ma quando nell’infanzia, non interviene alcuna presenza di conforto, il bambino crescerà nella convinzione che sia stato fatto il suo bene, idealizzando i genitori, giustificherà le loro azioni e soprattutto dimenticherà il dolore e l’impotenza provati. Questo renderà impossibile, per l’uomo che diventerà, provare compassione per le proprie vittime, egli non avrà più accesso alle sue emozioni.

Hitler aveva imparato a ritenere giuste e necessarie le botte e le umiliazioni, per questo agì poi da adulto dando a credere che il massacro degli ebrei servisse a salvare la Germania.

In modo analogo altri dittatori hanno costruito la loro ideologia di vendetta: Stalin doveva liberare la Russia dai sovversivi cosmopoliti, Napoleone doveva costruire la grande nazione, Milosevic doveva creare la grande Serbia, oggi con diverse motivazioni, la storia si ripete con Putin e Netanyahu .

I media analizzano le cause politiche, strategiche, economiche, sociali, ma ignorano le cause psicologiche che muovono questi personaggi di potere, che sono accecati dalle loro ideologie a scapito di schiere di cittadini inermi ed in balia della loro follia.